È quasi impossibile tirare le fila di tutto quello che è stato detto all’incontro delle Stelline dedicato a OpenMLOL. Come preventivato, la conversazione è stata vivace e informale, e quindi senza una forma e una direzione precise. Sono stati toccati moltissimi argomenti, a partire dalle stesse definizioni dei termini in questione: cosa vogliono dire “partecipazione”, “collaborazione”, “biblioteca digitale”, “comunità”. Una ricostruzione, seppur parziale, la potete trovare nello Storify della mattinata, un tweet dopo l’altro.
La mattinata è iniziata con la descrizione del progetto OpenMLOL com’è adesso: una collezione digitale aperta all’interno di MediaLibraryOnline. Un luogo dove trovare testi liberi da copyright, aperti a tutti, selezionati dal team di Medialibrary e dai molti bibliotecari che ci inviano suggerimenti e consigli. OpenMLOL cresce dunque dentro la biblioteca digitale, come nucleo aperto e libero per tutti.
La nostra domanda, però, nasce proprio qui: cosa fare ora? Come spingersi oltre una “semplice” collezione, per quanto ricca e libera? Con MLOL serviamo centinaia di bibliotecari, serviamo migliaia di utenti. Abbiamo dunque una piattaforma, una grande collezione, varie comunità. Come possiamo servire ancora meglio le nostra comunità, magari in maniera partecipata?
Fra le varie definizioni di biblioteca digitale, il manifesto AIB del 2005 parlava di biblioteche digitali come conversazioni: luoghi in cui gli utenti possono discutere, e in cui le stesse discussioni diventano a loro volta documento, informazione per altri utenti. Una biblioteca che cresce grazie a quello che le persone dicono fra di loro: magari discutendo su un libro, scrivendo una recensione, studiando insieme un manuale.
Una delle difficoltà emerse durante la mattinata è che, probabilmente, le biblioteche sono in ritardo, in questo. Online esistono decine di questi luoghi di conversazione: come possono le biblioteche competere con Wikipedia per le informazioni enciclopediche? Con Anobii e Goodreads per quel che riguarda recensioni, gruppi di lettura, social networking riguardo ai libri? Con Facebook, per la comunicazione fra le persone?
Enrico Francese, sul suo blog, analizza bene questo problema: siamo poi sicuri che queste biblioteche digitali partecipative servano davvero? Cosa vogliono gli utenti? Ne hanno bisogno? Non hanno già altri mille posti dove conversare, imparare, discutere tra di loro?
Anche Valeria Baudo ed Eusebia Parrotto, giustamente, si pongono il problema delle esigenze degli utenti, prima di tutto.
Forse dunque non c’è bisogno di noi; forse agli utenti non interessa che le biblioteche si mettano a fare un lavoro che sta facendo qualcun altro. D’altra parte, però, spesso le persone non sanno di avere bisogno di una cosa, semplicemente perché non sanno darle un nome. Le persone sono abituate ad una certa idea di biblioteca, perché questa è l’idea di biblioteca che abbiamo sempre dato. Se vogliamo cambiare quell’idea, dobbiamo partire prima da cosa facciamo noi.
Per muoversi, le persone hanno bisogno di spazio: se vogliamo la partecipazione dei membri della nostra comunità, dobbiamo prima offrirgliela, poi chiedere loro cosa vogliono farci. Quello che proveremo a fare con OpenMLOL, dunque, sarà cercare di dare spazio. Inventandolo, se necessario. Perché a volte la cosa migliore è mostrare e far giocare, piuttosto che chiedere e fare sondaggi, con la consapevolezza che si può sempre sbagliare, ma è sempre meglio sbagliare nel tentare di fare qualcosa di nuovo e bello, piuttosto che il contrario.
Ci teniamo (davvero) a ringraziare tutti coloro che hanno partecipato all’incontro, e che cioè l’hanno reso quello che è stato: fra gli altri, Virginia Gentilini, Carla Mondolfo, Chiara Consonni, Federico Leva, Marco Goldin, Zeno Tajoli, Agnese Galeffi, Enrico Francese, Valeria Baudo, Silvia Franchini, Eusebia Parrotto, Giulio Blasi, Lara Marziali, Andrea Marchitelli.
Andrea Zanni