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Biblioteche digitali: cerchi e spirali

A volte, per descrivere il modo in cui funziona MLOL, uso l’espressione “innovazione a ciclo continuo”. L’espressione è forse un po’ così ma il senso è per me molto concreto: da quando abbiamo iniziato a fare MLOL nel 2009, ogni singolo giorno lavorativo è stato usato per sviluppare qualcosa di nuovo che nel giro di 6 mesi/1 anno avrebbe spostato in avanti un componente importante (contenuti, user experience, backoffice, ecc.) della piattaforma.

È il modo in cui facciamo il nostro ciclo di loop e i cicli di loop – semplificando molto – si dividono in due tipologie fondamentali: i cerchi e le spirali.

Il nostro anno lavorativo è decisamente a spirale, non a cerchio. Il cerchio è una curva nella quale dopo un ciclo di loop si ritorna sempre al medesimo punto. La spirale invece è una curva aperta descritta da un punto che ruota intorno a un centro-origine fisso (il “polo”) e il punto aumenta o diminuisce la sua distanza da questa origine in base a una determinata regola. Nel nostro caso la distanza aumenta e ogni anno siamo quindi un po’ più avanti di dove eravamo l’anno prima. La regola è data dagli investimenti che facciamo: quanto più investiamo, tanto maggiore la distanza da dove eravamo un anno prima. Archimede approverebbe la metafora.

Ecco un elenco delle cose principali che abbiamo fatto nel 2017 e che ci fa iniziare il 2018 qualche tacca più avanti rispetto a 12 mesi fa:

Tutto ciò è stato realizzato da:

Sono tante cose davvero, anche perché mentre le facevamo abbiamo erogato il servizio “base” alle 5.500+ biblioteche aderenti alle reti MLOL, i cui utenti nel corso del 2017 (sino ad ora) hanno preso a prestito o consultato:

E poiché la piattaforma MLOL è ben lontana dall’essere perfetta abbiamo gestito circa 1.000 richieste di Help Desk al mese con un tempo di risposta medio di 2 ore 1 minuto e un tempo di risoluzione medio dei ticket di 14 ore e 15 minuti.

Ma ha senso per un’azienda come la nostra questo movimento a spirale? La cosa non per niente scontata perché:

Dunque perché farlo e non imitare invece le tantissime aziende che rilasciano novità effettive ogni 3-4-5 anni, quando va bene?

La risposta è semplice e non è di carattere “etico” o “filantropico” (in altri termini: la ragione per cui lo facciamo non è che siamo “buoni” e/o “generosi”)*. La risposta è che “biblioteca digitale” non è l’etichetta di un servizio consolidato ma il nome di un processo di trasformazione – ancora completamente in corso – che richiederà decenni di ricerca e sviluppo (ce lo ha ricordato John Palfrey in “Bibliotech“) e consisterà non tanto nella “sostituzione” del digitale ai supporti analogici ma nell’integrazione di tutte le opportunità offerte dalle tecnologie digitali nella gestione dei servizi bibliotecari nel loro insieme (ivi inclusa la consultazione di codici miniati e l’accesso a scaffale ad opere a stampa, come ci hanno spiegato Jeffrey Schnapp, David Weinberger e tanti altri esperti di digital humanities negli ultimi 10/20 anni).

Dunque investiamo in ricerca e sviluppo per essere dentro un mercato che è intrinsecamente un mercato di ricerca e sviluppo (se vuole continuare a esistere). E questo vale non solo per le aziende del settore ma anzitutto e soprattutto per le biblioteche e per gli stessi bibliotecari che sono chiamati a mettersi in gioco e modificare i loro processi lavorativi. I nostri clienti più importanti sono costantemente impegnati su questo fronte nonostante la scarsità di risorse. Dal design thinking ai progetti di collaborazione con la community di Wikipedia, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuovi servizi per gli utenti alle innovazioni organizzative delle reti di cooperazione, e si potrebbe continuare per un bel po’: basta guardarsi in giro per capire che le biblioteche italiane impegnate con comunità reali stanno investendo in innovazione pur trovandosi nel periodo probabilmente peggiore della loro storia recente dal punto di vista dei mezzi economici.

Ecco, noi vogliamo far parte di *questa* comunità bibliotecaria e partecipare a *questo* processo nel modo più efficiente e propositivo possibile. Schumpeter parlava dell’innovazione come “distruzione creativa” e oggi il termine di moda è “disruption”. A me piace invece pensare a un processo di “cooperazione creativa” nel quale tutti (soggetti pubblici, privati, no-profit) sono costretti a mettersi in gioco e a innovare a ciclo continuo, a spirale, per trovarsi un millimetro più avanti l’anno successivo.

Ed eccoci quindi di nuovo al tema di partenza. Occuparsi di biblioteche digitali oggi significa investire in ricerca continua e muoversi a spirale come Archimede comanda. Oppure non significa nulla.

Buone feste a tutti

Giulio Blasi

*anche se poi probabilmente un po’ lo siamo

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